domenica 25 luglio 2010

IL NOTTURNO.

Tempi duri per noi guerrieri e non dormivamo mai, insonni contro le proprie forze avanzavamo con la mente i nostri pensieri e i nostri drammi, assaporando ciò del poco di buono che ci rimaneva.
E dovevamo tornare a casa, là ci aspettava un letto più o meno sfatto, più o meno condiviso, e l’idea di quella benché minima sicurezza ci dava la forza e la costanza … sebbene rotti, sodi, sfatti, comunque soddisfatti. C’era chi, come la Dorothy, sceglieva di procedere a piedi con il punto fisso del piumone caldo e morbido accogliente confortante, e chi come noi, artefici di incredibili incubi palpabili … saliva sul Notturno.
Dicesi Notturno l’autobus che attraversava Bologna by night raggiungendo i posti più incredibili e le stelle più cocenti. A volte ti lasciava nel nulla nelle prime ore del mattino, tu lo abbandonavi per poi accoglierne un altro con lo stesso affetto incondizionato dell’inizio. Nascevano amicizie e piccoli stupidi amori alla fermata tanto faticosamente raggiunta, bei momenti, brutti e anche così così. La notte di una data a caso eravamo tutti uniti io, la Nini, Paloma, il Teo, il Narco, il Gian e il Gomez, Amelia e il Pedo, Otto, la Tony, Antonia e Magda e … non mi ricordo. Nevicava e io non me ne accorgevo anche perché le mie mani non erano nelle mie tasche … forse per quello non sentivo il freddo?
Eravamo davvero in tanti, gli stessi della sera prima, del pomeriggio precedente, del tramonto di ieri, i MEDESIMI. Arrivò il Notturno e ci divorò con tutte le nostre aspettative ci perdemmo, così refrattari e confusi, maldestri nelle nostre posizioni poco convinte. Spesso incontravamo il pazzo stressanime con le manie psicotiche delle ricette e dei conti, ogni tanto si alzava dalla sua posizione sparando a salve su noi attoniti.
-“Perché se mio padre mi dà mille euro in mille giorni, io ho un euro al giorno … e la pasta con i ceci, con i fagioli, e il ribes e lo zenzero e i cardi e il ginger … - quanto tempo non sentivo parlare del ginger lo sa solo Dio – e bla bla bla…” - e noi lo si stava ad ascoltare, e si prendevano spunti e appunti, annotavamo le dosi e i grammi di pietanze così esistenzialmente arrangiate e condite …
Teo diceva che si trattava di una persona saggia, e non si sbagliava di tanto, di troppo.
Alle volte si incontravano strani personaggi con strane idee letterarie innovative e flagranti, eleganti nei modi e negli atteggiamenti. Fu la Nini a raccontarmelo l’episodio, appena tornata a casa, davanti ad una tazza di tisana alla scorza di limone, che di tisane noi ce ne intendevamo, e anche di infusi, bevande calde e yogurt.
-“Perché ci siamo stufati di questa letteratura escapista, della fugacità dei panorami e della caducità delle storie. Ora abbiamo bisogno dei qui e dell’adesso!!”-
Perché colui che spaccò tutti i vetri dell’autobus in preda ad un raptus emozionale chiedendo implorando invocando un rifugio per la notte, per la vita … milioni miliardi di pezzetti di vetro che volavano roteando vorticosamente, il panico generale le risate nervose e io uccisa repentinamente rinsavita in braccio al conducente si fermi si fermi … in delirio che ci fece anche ridere tra i mille musi storditi e fare amicizia tra di noi abitanti di via Murri, quelli che la corsa non potevano finirla ma dovevano proseguire verso il proprio personale rifugio seppur un attimo nel caos comprendessimo l’accaduto mediante una sospensione di giudizio paradossale , anche noi in fondo volevamo un riparo, una casa, delle mani grandi dove appisolarci, noi tutti non ci accorgevamo di essere fortunati nel nostro piccolo di avere un tetto … perché lui che spaccò tutti i vetri dell’autobus chi se lo scorderà mai più?
Quasi come l’amico conducente che ci fece sobbalzare dai nostri sopori fermandosi al deposito delle Due Madonne e battendo le mani ci riportò ai nostri doveri di restare sempre e irrimediabilmente svegli e vigili perché nell’autobus non si veniva a dormire, non si doveva, non era cosa buona e giusta, era notte e non capiva un cazzo della nostra attitudine all’autodistruzione velata che a casa avevamo tutto … o più semplicemente era pure lui pazzo schizzato senza possibilità di fuga e di redenzione come tutti noi peraltro annoiati della nostra esistenza che spesso ci faceva soffrire un poco e starci male, e ci faceva venir voglia di smetterla e di farci fuori con le nostre stesse mani e che qualcun altro mandasse avanti la baracca e portasse a casa l’affitto ma noi eravamo troppo impegnati ad infiocchettare le nostre notti per pensarci meno ai nostri piccoli malesseri e al nostro cuore troppo pieno per un mondo troppo vuoto, che senza rendercene conto eravamo tutti uguali e distanti allo stesso modo, perché tutti avevamo un giorno amato e un giorno odiato, un giorno riso e quell’altro no, ma continuavamo sempre e comunque fortemente a volerci svegliare dal torpore, e a ridere, ridere, ridere.
E pure quella notte avevamo riso, io e i miei assistiti … ed io scesa dal Notturno stavo per cadere sul marciapiede. E poi tutti a letto, un’ultima sigaretta che non la sentivamo nemmeno più.
( Nel frattempo, la Dorothy non se la passava meglio. )

Camminare per Bologna...ore due e rotti..rotta io e i muri che mi circondano, spessi, marroni e cantilenanti di esperienze e storie vissute, episodi, notti burrascose, sentieri sommersi di fradice emozioni tintinnanti..essere da sola ma non troppo, camminare con la musica nelle orecchie e sapere, essere convinta che altri hanno solcato le piastrelle consumate di questi vicoli di mattoni gialli, come Hansel lascio sassi e molliche dietro di me .. girandomi a 360° per osservare la scia di storia dietro di me. Dietro di me, vicina a me e lontana come un c'era una volta, penso a quanto sono viva in questo preciso istante dove nulla mi accade e tutto mi capita, viva, palpitante, tossisco scorie colorate che pervadono l'aria di ricordi e delicatezza. Sono io e i portici, e le colonne, e gli archi, e le volte a botti, e i sogni rotti, e le aspettative distrutte ma mai sepolte, sapendo di essere sola ma con un mondo di cose da scoprire, assaporare, condividere, colorare e sognare. Per poi arrivare al fornaio ed entrare nell'odore, nell'essenza gratificante di una pizza appena sfornata, di una birra fresca da assaggiare e consumare con le tue coinquiline a fine serata, in un privè composto da un divano, da un fornello e da tanti cuori che irrompono all'unisono e fanno vibrare. Questa è una passeggiata per Bologna. Questo è un tassello di un puzzle da comporre in una vita da respirare e mangiare, afferrare e gustare con gioia e consapevolezza. Pensando che bisogna bastare a se stessi, perchè siamo nati uno e nessuno, con le nostre forze e il nostro spirito. E che cazzo me ne frega se piove, minchia, ci sono i portici.

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